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A.N.M.I.-Associazione-Marinai-d'Italia: Gruppo di Carrara

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Agli inizi del ventesimo secolo tutte le più grandi marine sentono  la necessità di assicurare al comandante in mare l’osservazione oltre orizzonte. E’ in questo contesto che l’aviazione navale muove  i primi passi. Come si può ben immaginare gli inizi furono molto discussi  in particolare per la scelta tra  il mezzo più leggero dell’aria (dirigibile) ed il mezzo più pesante della stessa (aereo).

Anche se la data ufficiale della nascita per la moderna Aviazione Navale italiana è da far risalire al 1° Agosto del 1956, momento in cui venne costituito nell’eliporto di Augusta-Terrevecchie (nel comprensorio dell’attuale base navale) il 1° Gruppo elicotteri, dobbiamo guardare  alla pregressa  tradizione aviatoria della Marina. Per questo dobbiamo ritornare molto indietro nel tempo, in pratica alle origini del volo stesso quando diversi ufficiali iniziarono a studiare le possibili implicazioni belliche dell’impiego del mezzo aereo, dapprima i palloni frenati, poi i dirigibili ed infine il mezzo più pesante dell’aria.

Il pioniere in assoluto di questo periodo fu  proprio ufficiale di Marina il Sottotenente di Vascello Mario Calderara,  personaggio di sicuro carisma che seppe per sperimentare le possibilità dei mezzi aerei.

Nel 1907 il Ministero della Marina costituì una sezione con  compito di occuparsi  di aeronautica e della sua potenzialità legate all’ambiente marino. In parallelo, si affermarono anche gli piloti già citati come Calderara, Scelsi,  Crocco e Ricaldoni, in parte ufficiali dell’Esercito, ma tra di essi anche molti di Marina. Si comincia ad intravedere allora la necessità di passare da una fase eminentemente pionieristica ad un’altra in cui l’addestramento e la predisposizione al volo degli uomini viene  adeguatamente regolamentata.

Mario CALDERARA: brevetto italiano di pilota numero uno.( Museo Caproni, Trento)

E’ in questo contesto che nel gennaio 1910, sul campo romano di Centocelle , nasce la prima scuola per piloti che vede come direttore proprio quel Tenente di Vascello Mario Calderara che per primo si potrà fregiare del brevetto di pilota. Finisce così la fase dilettantistica del volo, da questo momento in poi tutto procederà sotto un imprimatur di ufficialità.

Il  Capitano del Genio Navale Alessandro Guidoni fu invece il primo di aver compreso che era assolutamente necessario poter disporre di una “nave hangar per idrovolanti” così da assicurare un tender galleggiante alle Forze Navali. Dopo vari mesi di studi, nel 1912, Guidoni propone allora allo  Stato Maggiore  la trasformazione del vecchio incrociatore protetto Piemonte in “nave hangar per idrovolanti”. Il progetto, molto ingegnoso, prevedeva la costruzione sopra il ponte di coperta nel settore poppiero di un’aviorimessa  abbastanza ampia, sormontata da una piattaforma inclinata lunga circa 40 metri. Gli idrovolanti in dotazione avrebbero dovuto decollare dalla piattaforma a mezzo di carrelli “ a perdere su rotaia” ed essere recuperati con i picchi di carico, dopo l’ammaraggio nei pressi della nave.

In quel periodo il  progetto non venne  accolto dallo Stato Maggiore, anche se la nave  porta idrovolanti si ripropose,  di li a poco, come una necessità non più prorogabile. Per onore della cronaca giova ricordare che nello stesso periodo, idee simili a quelle di Guidoni vennero  sviluppate dalla Marina britannica che modificò l’incrociatore Hermes ( più recente del Piemonte e con un tonnellaggio maggiore) realizzando  una piattaforma sulla zona prodiera.

La Royal Navy iniziò così  a cimentarsi seriamente con l’aviazione imbarcata, preludio questo alla trasformazione di un consistente numero di unità dapprima con ponte di volo a mezza nave, poi a ponte di volo continuo.

Nel frattempo, inizia al vertice della Marina Italiana un periodo di  importanti cambiamenti.

 Il 1° Aprile 1913, il Vice Ammiraglio Paolo Thaon de Revel, (54 anni) assunse la carica di Capo di Stato Maggiore, succedendo al parigrado Carlo Rocca Rey, il 29 luglio il contrammiraglio Enrico Millo diventa Ministro della Marina, succedendo a Pasquale Leopardi Cattolica. Questi si era dimostrato prudente in fatto di separazione dell’aviazione navale dall’organizzazione dell’Esercito, anche a causa delle ingenti spese eventualmente necessarie. Thaon de Revel, impose subito un nuovo impulso alla specialità nonostante le esigue risorse economiche.

Appena un mese dopo il suo insediamento, infatti nomina una commissione da lui stesso presieduta, che, nella relazione conclusiva, delibera che la Marina provveda con mezzi propri al servizio aeronautico occorrente per le necessita delle Forze Navali. In seguito a tale programma, per soddisfare le esigenze di Forza Armata, il 20 luglio 1913 venne stipulata una Convenzione tra il Ministero della Guerra e il Ministero Marina che è da considerarsi    il vero atto di nascita dell’Aviazione Navale italiana.

La convenzione prevede tra l’altro oltre al completamento di alcuni idroscali  ( Ferrara e Jesi), la costruzione di un nuovo dirigibile veloce tipo “Marina", l’integrazione degli esploratori marittimi dell’Esercito  sotto il controllo temporaneo dei Comandi Marina, e agli stanziamenti per la costruzione di stazioni idrovolanti di La Maddalena, Venezia La Spezia e Taranto. Nel frattempo veniva istituita una Sezione Aviazione Navale alle dirette dipendenze del Capo di Stato Maggiore che in seguito verrà trasformata in Reparto.

IL PRIMO CONFLITTO MONDIALE

Alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia, la situazione dell'Aviazione di Marina era piuttosto fluida ed in veloce evoluzione, anche se pur avendo già delineato le tattiche per l’impiego dei nuovi mezzi nelle diverse situazioni operative, tuttavia non era stato ancora fissato un preciso piano industriale per la costruzione di aeroplani, idrovolanti e dirigibili. Ad ogni modo al momento dell’entrata in guerra dell’Italia con l'Austria-Ungheria (il 24 maggio 1915), la Regia Marina disponeva di tre stazioni idrovolanti, altrettante per dirigibili con un aeronave ciascuna e 15 idrovolanti in tutto, a cui si aggiungevano l'incrociatore protetto Elba, classificato come unità trasporto ed appoggio idrovolanti e con due idrovolanti ed un pallone frenato a bordo.
Con questi sparuti mezzi il personale di Marina effettuò missioni di ricognizione, scorta, caccia, bombardamento. Come conseguenza per il valore profuso  arrivarono le prime medaglie d'oro al valore concesse ai Tenenti di Vascello piloti Giuseppe Garassini GARBARINO ed Eugenio Casagrande . La Grande Guerra fu motivo di così tale impulso per la crescita dell’aviazione navale, che alla fine del conflitto, la Marina  dispovena di ben 25 dirigibili, 550 idrovolanti ed 86 aerei da caccia.
Il 30 Settembre del 1920, arrivò anche  la Bandiera di Guerra insieme all’attribuzione da parte del Re Vittorio Emanuele III della denominazione di “Forza Aerea della Regia Marina”. Nel frattempo, le varie esperienze acquisite nel corso del conflitto appena terminato avevano chiaramente mostrato che l’impiego della componente aerea della Marina poteva andare ben oltre quello già ampiamente verificato in combattimento, anzi, ora più che mai, diventò essenziale disporre di aerei in grado di operare con le navi e contestualmente basati su di esse.
Intanto, il 12 Novembre 1925 allo scopo di riequilibrare le forze navali delle nazioni vincitrici della 1^ guerra mondiale, fu indetta a Washington sotto la presidenza del Segretario americano una Conferenza Navale  I lavori furono subito furono subito polarizzati sulle questioni relative a alle navi da battaglia, cioè le corazzate, da demolire o da mantenere in servizio. C’è da considerare che in quel periodo ( inizio anni Venti) , le navi da battaglia erano considerate la spina dorsale delle flotte e le unità sulle quali poggiava il potere marittimo.
Le conclusioni alle quali pervennero le nazioni circa la portaerei possono essere cosi riassunte:

  1. la nave portaerei erano  generalmente considerata utile con i suoi velivoli per la ricognizione  e la regolazione del tiro delle navi da battaglia;
  2. si pensò poco ad una piattaforma in grado di assicurare un “ombrello aereo” alla flotta in grado di assolvere ad una funzione difensiva e offensiva;
  3. nello stabilire le limitazioni di armamento ( il dislocamento non doveva superare le 27.000 tonnellate) si pensò più al calibro dei cannoni ( 8 pollici = 203 mm) che non al tipo di aerei in dotazione , quasi si trattasse di cosa del tutto marginale.

Interessante riportare alcuni  giudizi espressi da partecipanti; sir David Beatty sul confronto aereo nave. L’ammiraglio che aveva comandato la squadra di incrociatori nella battaglia dello Jutland dichiarò:
“ il solo modo per far fronte alla minaccia aerea è quello del rafforzamento delle navi di linea”.


Possibilista fu invece il vice ammiraglio Alfredo Acton, capo degli esperti navali della delegazione italiana :
“ le ilimitazioni  per le navi portaerei sono oggi da considerarsi in un certo qual modo teoriche , non esistendo ancora navi di questo tipo che rispondano completamente ai requisiti desiderati, né d’altra parte è possibile prevedere quali modifiche derivare dall’eventuale utilizzazione di aeromobili.  Si è perciò ancora nel vago , pur essendo ormai acquisito che le flotte devono essere accompagnate da navi portaerei”.
In sostanza alla conferenza, la portaerei non rappresentò sicuramente motivo di discussione il primo trattato per la limitazione degli armamenti venne firmato il 6 febbraio 1922. Le marine oceaniche provvidero a trasformare in  portaerei le corazzate e incrociatori destinati ad essere radiati in funzione del trattato. Alla nostra marina fu data ( dopo notevoli dispute con la Francia) la possibilità di avere fino a 60.000 tonnellate per la costruzione di portaerei.
L’assegnazione della quota 60.000 tonnellate di portaerei da parte della conferenza di Washington concise in Italia con un cambio di regime e sul piano militare con la soppressione dell’aviazione di Marina. In questo modo veniva a  cadere silenziosamente  tutto l’interesse per il ponte di volo. E’ pur vero che nel 1918 in Gran Bretagna tutti gli aerei della Marina furono accentrati alla RAF, ma è pur vero che nel 1918 la marina Britannica disponeva  di portaerei e questo la favorì in termini operativi e organizzativi.


La soppressione dell’aviazione di Marina avvenne per gradi:

- Regio Decreto n° 62 del 24 Gennaio 1923, venne istituito il Commissariato dell’Aeronautica, organo intermedio che doveva “esercitare tutte le attribuzioni del Governo per quanto concerne l’Aeronautica , così civile come militare ( Esercito, Marina e Arma indipendente, che veniva  menzionata come tale per la prima volta in un "documento ufficiale”;

- Regio Decreto n° 63 in data 24 Gennaio 1923, il Presidente del Consiglio e del Capo del Governo, onorevole Benito Mussolini, fu nominato Commissario per l’Aeronautica e l’onorevole Aldo Finzi Vice Commissario. Facevano parte della Commissione anche Ufficiali della marina quali Tenente Colonnello G.N. Alessandro Guidoni; il C.C. Mario Calderara; e il T.V. medaglia d’oro Eugenio Casagrande.

- Regio Decreto 645 in data    istituiva la Regia Aeronautica come terza Forza Armata dello stato, comprendente “le forze aeree del Regno e delle Colonie”.

L’emanazione di una serie di decreti, concernenti l’arma Aerea indipendente, fu il preludio del ben noto Regio Decreto 645 del 28 marzo 1923 che istituiva la Regia Aeronautica come terza Forza Armata dello Stato. La forza aerea della Regia  Marina che era arrivata, all’indomani del 1° conflitto mondiale con una “flotta aerea” di 657 velivoli. Un grosso apporto all’Aeronautica, e, conseguentemente , una grossa rinuncia per la Marina.
Nel 1923 si registra il completamento della Regia Nave Appoggio Aerei Giuseppe Miraglia, unica vera portaerei italiana fino all’arrivo di Nave Garibaldi. Ma qualcosa è destinato a cambiare. 
I responsabili dell’appena nata Arma Aeronautica indipendente vollero  accentrare tutte le responsabilità relative al mezzo più leggero dell’aria nelle loro mani e così chiesero ed ottennero un ridimensionamento della componente aerea navale, con una dipendenza dalla Marina per la sola parte relativa all'addestramento ed all'impiego operativo, ma personale e parte tecnica relativa alle caratteristiche ed armamento dei velivoli subordinata all'Aeronautica.
Nel 1925 venne stabilita la quota di velivoli assegnati alla Regia Marina ( specificando che si trattava di aviazione “ausiliaria) si trattava di 35 squadriglie di idrovolanti di cui 29 sarebbero state costiere e  9 imbarcate. Fino al 1933, i Piloti della Marina continuarono tuttavia a prestare servizio, man mano sostituiti da quelli dell’Aeronautica; era stato concordato che gli stessi sarebbero rimasti osservatori.
L’Aviazione di Marina cessò di esistere di fatto e giuridicamente nel 1937, quando tutti i velivoli militari di qualsiasi arma vennero assegnati alla Regia Aeronautica e con essi la capacità di decidere il numero di squadriglie ed i mezzi da assegnare alla Regia Marina, da far operare comunque nel solo compito della ricognizione navale. Al termine del conflitto vi fu un lungo periodo di stasi dello sviluppo della Marina Militare italiana, anche perché in base al trattato di pace sottoscritto a Parigi nel 1947, all’Italia in quanto nazione uscita sconfitta era vietato possedere navi portaerei, sommergibili, motosiluranti e navi d’assalto, oltre ad aver dovuto cedere ben 162 unità combattenti.
Da questo per vedere nuovamente la Marina dotata di una sua componente aeronautica indipendente si dovrà aspettare il 1° Agosto del 1956 quando  sull’eliporto di Augusta-Terrevecchie verrà costituito il 1° Gruppo Elicotteri.